Riceviamo e pubblichiamo volentieri questa riflessione della dott.ssa Luciana Siddivò
Dopo tanto avere sentito parlare della nuova strada di Punta della Campanella ho deciso di andare a vedere, le opinioni e le ragioni sono diverse.
Non scendo al faro da tanto tempo, ma, nei miei ormai sessanta anni di frequentazione della costiera, ci sono andata tante volte, a ogni età, forse ad ogni ora, sempre sentendo il fascino unico e irripetibile di quel luogo come un privilegio di noi, all’inizio pochi,che amavamo quella natura estrema.
Da anni è meta di camminatori che hanno scoperto l’emozione di quella lingua di terra protesa nel mare, da anni quelli che hanno scelto di abitare le sue solitudini sono aumentati, trent’anni fa mi ricordo solo della torre e di piccole costruzioni per i cacciatori o depositi per i contadini. Molti di quelli sono diventate case.
Però vorrei fare delle osservazioni, sentire le ragioni di chi lancia “il grido di allarme” e di chi invece sostiene l’intervento.
Sono andata a piedi a fare la ‘più bella passeggiata del mondo’. Forse è così a portata di mano per noi che a volte ne dimentichiamo l’unicità. Il punto è che sono andata a vedere e ho pensato che l’intervento in corso è un bell’intervento dove si vedono la cura e l’attenzione alla scelta delle pietre, ho visto la ‘ratio’ amministrativa del progetto di urbanizzazione di una parte oramai sufficientemente abitata da richiedere i normali servizi ai cittadini come acqua, luce, recupero della spazzatura, possibilità di soccorsi, di trasportare un disabile o un carico per la campagna. Ho visto un intervento che mi ha fatto pensare all’attenzione e al rispetto per la bellezza del luogo. Diciamo che anche questo non è scontato dalle nostre parti. Ma la bellezza ha tante facce.
Quello che si è realizzato nel tratto costruito fino ad oggi è un bell’intervento nella logica dell’antropizzazione del territorio. In fondo bisogna sapere leggere la realtà e non dire sempre di no. E io voglio anche dire bene di quanto fatto fin’ora. Però esiste una bellezza che è quella di una natura che ancora parla la sua lingua, che ancora comunica emozioni, che da secoli – come a Punta Campanella – insegna a chi la raggiunge il rispetto profondo per i limiti dell’uomo e per l’immensità della natura che mostra la sua essenza divina (come mai quella baia dietro la punta si chiama Ieranto? Etimologicamente divino?).
Quell’immenso di Ungaretti che illumina l’anima di chi lo scopre, di cui c’è bisogno oggi molto più di prima e che è una bellezza che va difesa e tutelata.
Quella bellezza che cercano le persona che vogliono arrivare a Punta Campanella.
Per questo a Punta Campanella non dovranno arrivare mai la luce e le macchine, non dovrà mai essere dato un permesso per un bar o quant’altro, non dovrà mai essere costruito uno stabilimento balneare. Punta Campanella è un’altra cosa!
Io penso che ora il progetto dovrebbe fermarsi, finire i muretti di sicurezza, lasciare le fontanine per chi cammina, ma fermarsi. Non rischiare di distruggere un ecosistema unico al mondo.
Penso addirittura che i cittadini dovrebbero ribellarsi loro per primi a un eventuale progetto che punti alla strada fino al faro, che – in vista di obiettivi a breve termine ed effimeri come tanti miti dello sviluppo – rischia di rovinare per sempre un luogo che anzi dovrebbe rientrare tra i luoghi tutelati come patrimonio dell’umanità.
Chi va a Punta Campanella non vuole la strada, vuole le emozioni che solo quella lingua di terra protesa su Capri può donare nel suo silenzio e tra le sue pietre battute dal vento. Ci pensi chi si sta prendendo la responsabilità di qualcosa che ne modificherà per forza la natura e la bellezza.